Tra i ricordi che hanno fatto la storia biancorossa, oggi è la volta di uno dei giocatori storici, che vestì anche i gradi di capitano: Fabio Fresia.
Savona…. Un nome di città che da sempre identifico con una società di pallanuoto.
Sono nato a Savona, ho studiato a Savona, ho vissuto a Savona la parte più lunga della mia vita.
Eppure non riesco a prescindere dallo sport.
Probabilmente perché se a 6 anni inizi per necessità fisiche quella che si rivelerà una carriera sportiva, non puoi parlare della tua beata gioventù dimenticandoti che buona parte l’hai trascorsa in acqua.
Ed è stata una parte meravigliosa.
Ancora ricordo il mio esordio in piscina, nella vasca da 25 metri del prolungamento: mia madre, alla domanda dell’insegnante sulle mie capacità natatorie, rispose che galleggiavo.
In effetti in mare restavo a galla abbastanza agevolmente.
Peccato che quando entrai in piscina, toccai il fondo 3 o 4 volte prima di riuscire a percorrere una corsia orizzontalmente. Sconvolto dalla fatica ma certo di aver compiuto un’epica impresa, il mio piccolo ego subì un grave colpo quando sentii l’allenatrice, rivolgendosi ad una collega, chiedere con sprezzo” Ma questo galleggia?”.
Se avessi avuto qualche anno in più e se mi fosse rimasto un po’ di fiato in gola, l’avrei apostrofata come si compete.
Ecco, in quel momento decisi di smettere.
Poi fortunatamente, non lo feci.
E ripeto, fortunatamente.
Non avrei potuto prendere parte ad un’avventura sportiva che ha segnato tutta la mia esistenza. La mia crescita come uomo passa attraverso l’esperienza maturata nelle giovanili della Rari: gli allenamenti, le partite, le litigate, gli scherzi, le arrabbiature, i pianti, le vittorie, le sconfitte, le gioie. Insomma, la vita.
Non vorrei tediarvi con racconti ed aneddoti che, come potrete ben immaginare, si sovrappongono copiosi nella mia lunga permanenza savonese.
Solo 2.
Il primo riguarda il mio esordio ufficiale in bianco-rosso.
Non ricordo perfettamente l’età, avrò avuto circa 11 anni e militavo nella seconda squadra che partecipava al campionato esordienti.
L’impegno era proibitivo: sfidavamo in trasferta la temibile compagine dello Champagnat ( ho cercato in rete come si scrivesse) nel loro futuristico impianto in acciaio inox, non troppo diverso dalla mia pentola a pressione.
La prima volta…Immaginate la tensione di un bambino quando per la prima volta viaggiò con la squadra, si sciolse, dimostrò all’arbitro di avere ben tagliato le unghie e di vestirsi con un doppio costume, la presentazione e poi, finalmente, fischio d’inizio.
Sul fischio terminano le valutazioni positive.
La partita finì 24 a 2 per quei marmocchietti viziati ed esultanti (mi perdonino, parlo con l’enfasi del bambino che fui…).
Ovviamente meditai un prematuro ritiro.
Il secondo accadde qualche anno dopo, durante una finale scudetto.
Ricordo come fosse adesso il giro di campo che la presentazione imponeva, essendo gli spogliatoi posti nel lato opposto rispetto a quello dove avveniva.
Uscire dal “tunnel” e trovarsi catapultato nel mezzo di un tripudio di bandiere e cori, 5000 persone festanti presenti in ogni dove che urlano insieme il nome della tua squadra.
Un ragazzino di 15 anni che ha la fortuna di rappresentare la città in cui vive, di fronte ad un simile spettacolo, non può non sentirsi “il re del mondo” e tutti i sacrifici che ha fatto o farà non possono non essere visti come il giusto tributo per godere di tali emozioni.
Ecco, questo per me è la Rari.
Se poi aggiungiamo il fatto che ho anche avuto l’indubbio privilegio di caricarmi dei gradi di capitano, sarà facile comprendere come non possa che dire Grazie.
Il mio unico appunto: la copertura della vasca.
So perfettamente che questa mia è una bonaria provocazione frutto della perdita di un luogo in cui ho trascorso decine di anni ma, siamo onesti: che bella era scoperta?
Fabio Fresia
(Nella foto in alto la formazione della Rari che vinse lo Scudetto nel 1991. Fabio Fresia è il terzo in alto da destra).