Continua il viaggio nella storia biancorossa. Oggi Claudio Mistrangelo ricorda la figura del Dirigente Pietro Bortoletto.
Dal 1976 non avevamo più una piscina regolare perché la B (conquistata l’anno prima) comportava partite in campo da 30 metri e la nostra vasca era da 25. Quel campionato e quelli successivi, ancora in B e poi in A, furono disputati fino al 1985 tutti fuori casa, anche quando si giocava in casa.
Inoltre dal1974 l’attività giovanile era diventata frenetica perché il sottoscritto riteneva necessario allenarsi due o tre volte la settimana con i più forti settori giovanili … Insomma una vita di continui spostamenti, in pulmino o in macchina, in macchina o in pulmino.
I driver erano i genitori-dirigenti, ma il re dei driver, il dominatore assoluto delle trasferte in auto, il titolare di tutti i record, fu lui, Pietro Bortoletto, papà di Pierluigi, mancino “ufficiale” della Rari dal 1974 al 1986.
Pietro Bortoletto (foto in alto) era, insieme a Bruno Pisano, il team manager della squadra. Lui si occupava di tutte quelle incombenze di cui si deve occupare un team manager e lo faceva anche bene, ma se poteva lo lasciava fare al più compassato, metodico, paziente ed organizzato Bruno Pisano. A lui piaceva occuparsi delle trasferte, anzi per essere più precisi dei trasferimenti e così gli alberghi, i ristoranti, l’orario vasca erano altre incombenze risolte da Bruno.
Pietro era concentrato sui trasferimenti. E sulla prove speciali. Le trasferte erano tante, vicine in Liguria, medie come Bologna e Como, lontane come Napoli e Pescara … Bisognava risparmiare, economizzare e, allora, in auto: così chi metteva la macchina metteva anche la benzina e la società risparmiava.
L’auto fu una necessità, divenne un’abitudine, l’abitudine si trasformò in una follia.
L’andata aveva organizzazione e razionalità. Il ritorno invece: prima di partire si fissavano tabelle di marcia, si stabiliva quali erano le soste, quale l’ora di arrivo …
Poi si partiva … e si scatenava la bagarre. E non c’erano dubbi su chi sarebbe arrivato primo.
Ma il top erano le “prove speciali”. Capitava a me che insegnavo a scuola o a qualcuno dei ragazzi universitari per un esame di dover partire in ritardo sugli altri. Contemporaneamente io volevo che fossimo presenti, io per primo, all’allenamento serale in loco. Qui Pietro dava il meglio di sé. Libero dagli obblighi dalle medie responsabili e ponderate di Bruno Pisano, registrava record chilometrici impensabili, una follia dentro la quale vivevamo tutti, in preda ad un delirio se non di onnipotenza sicuramente di immortalità. La fortuna era con noi, lo sentivamo, ne eravamo certi e Pietro era il massimo interprete di quella convinzione.
E così, quando si attraversava una città inesplorata o si cercava una via sconosciuta in una grande città, nessuna mappa nessuna carta nessuna informazione nessuna richiesta di aiuto.
Si andava si girava e si rigirava e lui ci avrebbe fatti arrivare. E così era e il come non l’ho mai capito. Il perché sì. Perché lui era il re delle trasferte, anzi dei trasferimenti, il mago dell’orientamento, il driver che uno così la Rari non lo ha mai più avuto e non lo avrà mai più.
Claudio Mistrangelo