Continua il viaggio nei 30 anni in Serie A della Rari con questo articolo di Claudio Mistrangelo che ricorda la figura di uno dei dirigenti che hanno scritto la storia biancorossa: Alberto Falco.
Il 1972 fu l’anno della grande svolta: la Rari aveva finalmente una piscina coperta. L’attività si estese a tutto l’anno e fu reclutato un gruppo di ragazzini terribili che produsse nel giro di pochi anni un vero e proprio terremoto nel panorama della pallanuoto nazionale.
Da un’attività estiva, tutta amatoriale, tanto improvvisata quanto provvisoria, la piscina coperta portò ad un vero e proprio salto qualitativo: la prima squadra nel breve giro di tre anni passò dalla Serie D alla Serie B, sotto la guida di Luigi Cola (vero e proprio artefice della promozione in C ed in B) e poi di Luciano Cucchia.
Le giovanili cominciarono a mietere vittorie su vittorie e dal 1975 al 1978/’79 i successi giovanili nazionali si sprecarono. Nell’elite della pallanuoto giovanile nazionale c’era anche la Rari.
Ma i ragazzini terribili entrarono nel ’77/’78 in massa in prima squadra e nell’81 realizzarono (tutti savonesi; tutti ad eccezione del capitano Fulvio Falco, giovanissimi) l’impresa di portare la Rari in Serie A: era la Rari dei miracoli. Nessuno lo aveva previsto, nessuno lo aveva pensato possibile, neppure chi aveva costruito la vasca da 25 metri che non era regolare per i campionati di B e di A. Così dal ’76 eravamo di nuovo senza piscina e giocavamo in casa a Camogli, a Voltri, a Recco … Gli impegni si moltiplicavano. L’organizzazione precedente, il solo Giovanni Selis a fare tutto, non poteva più reggere e si era cercato il coinvolgimento dei genitori di quei ragazzini terribili. Tutti si erano dimostrati disponibili a dare una mano, alcuni erano divenuti veri e propri dirigenti, qualcuno era cresciuto fino a diventare il vero reggitore della società. Serviva di tutto. Le trasferte si erano moltiplicate, la mia fissa per i common training con le realtà giovanili prima, assolute dopo, più forti in Italia imponeva un ritmo infernale di trasferte per allenarsi e per giocare: due o tre volte la settimana in giro per la Liguria e, d’estate, anche mattina Nervi, pomeriggio Camogli, sera Savona … Tutto andava fatto ed era tanto. E andava fatto in modo serio e programmato E così fu fatto.
Alberto Falco fu di certo in quel periodo il numero uno. A lui si devono le prime sponsorizzazioni in serie B e la ricerca per le grandi sponsorizzazioni dei primi anni in serie A; la trasformazione professionale (i primi modesti rimborsi) della squadra, anche attraverso scontri durissimi con i giocatori (tra cui i figli) che giudicavano quei rimborsi una miseria o la rottura con Giovanni Selis che definendosi un pioniere abbandonò; la cura delle prime riprese televisive su Rai 1; i contatti con i vertici federali che scoprivano nella Rari una realtà completamente nuova; le prime campagne acquisti (Roberto Del Gaudio e, poi, i primi stranieri Josep Somossy e Istvan Udvardi …) e tanto altro.
Classe in tutto: nello scherzo, nell’incazzatura, nelle mediazioni, nelle decisioni meditate, in quelle improvvise. Gestore dei suoi alberghi era un fantastico padrone di casa Rari perché era nei suoi alberghi (a Celle o a Spotorno) che venivano fatte le riunioni , le cene di lavoro, quelle di rappresentanza, quelle di grande ufficialità o più semplicemente le grandi abbuffate dei giocatori. Insomma, in mancanza di una sede, i suoi alberghi erano la sede della Rari.
Con lui ho tirato tardi tantissime notti a dire e decidere di Rari: mai uno scontro, rare le divergenze di vedute, assoluta la disponibilità a sopportare le mie tante fisime (“fai un salto e vediamo”) generosa l’amicizia nei momenti extra sportivi. Ogni tanto mi diceva che gli avevo fatto crescere i figli , ma il giudizio era assolutamente generoso. Era lui, fantastico padre, ad averli fatti crescere seri, (uno anche troppo !), responsabili e soprattutto, celiavo io ma mica tanto, bravi a pallanuoto. Lui rappresentò – meglio di tutti – quella cosa strana, quella vera e propria magia che fu quella Rari: dilettantismo e professionismo, famiglie e professionalità, serietà e allegria, gioventù e responsabilità, understatement e feroce determinazione. Un mix che produsse strepitosi successi tanto che fu chiamato il “miracolo Rari”.
Nel ’88 lasciò la Rari insieme al gruppo dei genitori – lui, Rolandi, Sciacero, Pisano invece rimase – a seguito di una ristrutturazione della squadra che contrappose me ed alcuni giocatori ed il nuovo presidente Gervasio e quei genitori – dirigenti.
Si disse che soffrivo quegli ex ragazzini terribili perché erano diventati personalità troppo forti. Io più semplicemente concordavo con Gervasio che, se si voleva vincere, bisognava cambiare e scrivere un nuovo capitolo. Ma in quel “semplicemente” stette il mio grande errore perché non poteva e, soprattutto, non doveva essere semplice rompere un legame sportivo ed umano così lungo, così forte, così assoluto come quello che aveva unito per tanti anni di fatiche, dolori e gioie quel fantastico gruppo di ragazzi – giocatori, genitori – dirigenti ed il sottoscritto. E, infatti, non fu semplice: per alcuni – con una lettura specularmente semplificata – il “capo” aveva tradito. Comunque, fu molto più di una svolta, fu una vera lacerazione, in qualche modo e con qualcuno non ancora riparata.
Due anni dopo, la Rari vinceva il suo primo trofeo assoluto (la Coppa Italia) e tre anni dopo era Campione d’Italia. Era una nuova Rari perché manteneva savonesi importanti, ma contava anche acquisti che erano o sarebbero diventati vere e proprie star internazionali come Estiarte, Ferretti, Averaimo, Bovo, Vicevic …
Passarono gli anni e con Alberto Falco non ci sentimmo più. Poi, sarà stato il ’94 od il 95, arrivò un invito dal Generale Panizzi, a nome anche di Alberto Falco. Il Panathlon di Genova, di cui il Generale era Presidente, mi premiava ed io dovevo tenere una breve relazione. Alberto mi passò a prendere in macchina (dalla Piscina ovviamente). Durante il tragitto parlammo di tutto, dei figli, della scuola, della piscina, non della Rari. Quella sera, conclusa la mia relazione, Panizzi, citando a sorpresa un mio articolo dell’88 sulla svolta, mi chiese se mi ero mai pentito di quella scelta, ora che Estiarte, Ferretti, … lo stesso Gervasio se ne erano andati ed eravamo ad una nuova rifondazione della Rari. Risposi che di quel fantastico periodo ’73 – ’87 eravamo e saremmo stati per sempre tutti reduci e che emozionalmente non ne saremmo mai usciti. Ma che non avevo dubbi avrei rifatto tutto. Alberto alzò il bicchiere e propose un brindisi a me ed “alla Rari di ieri, di oggi e di domani”. La classe, appunto. Al ritorno parlammo solo di Rari.
Claudio Mistrangelo
(Nella foto in alto Alberto Falco).