Ancora ricordi per i 30 anni in Serie A della Rari Nantes Savona. Oggi, a raccontarci la sua Rari è Flavio Borsarelli.
Trent’anni di storia Rari in serie A sono molti, vissuti con tenacia, entusiasmo e serietà da coloro (dirigenti, tecnici, sostenitori) i quali, chi con una mano sul cuore, chi sul portafoglio, chi con caparbia combinazione delle due opzioni, hanno permesso di realizzare questo traguardo, di per se, assoluto. Onore al merito.
E poi gli atleti, molti ex compagni ed amici, a volte cresciuti in casa, a volte arrivati già campioni, che si sono avvicendati nelle diverse formazioni.
Conti alla mano ho smesso la pallanuoto giocata nel ’92, dei trent’anni che si celebrano quindi dieci giocati e venti come spettatore.
Con queste premesse un sano attacco nostalgico è quasi inevitabile (forse in comune ad altri miei ex compagni di squadra).
Veramente a caso tra tanti ricordi, e sperando di trasferire sulla carta quello spirito che li conserva nella memoria, ho in mente le prime trasferte in Europa dell’est, Budapest in questo caso, primi anni ’80, per misurasi con quella scuola ungherese che ha sfornato campioni di tutti i tempi (Farago, Gherendas, per citarne un paio), incontrati qualche anno più tardi in campionato. A quel tempo Perestroika ed Occidente erano all’orizzonte, ma ancora piuttosto lontani dalla vita quotidiana. Si veniva accolti all’aeroporto da pallidi militari in grigio verde che ti squadravo con misto di interesse e frustrazione. Si era ospitati nella “casa del partito”, una sorta di foresteria a cinque piani in cemento grigio che più grigio non si può, con corridoi interminabili e camere veramente tutte uguali, una più uguale dell’altra. Per colazione tè, latte (per lo meno lo sembrava) accompagnato da salame ungherese, barbabietole rosse e cetrioli, su richiesta sottaceto per gli amanti dei sapori decisi.
Quando fu l’Ungheria a venire a Savona lo fece prima con Somossy (primo straniero della Rari) poi con Istvan Udvardi, purtroppo scomparso di recente. Persona piacevolissima, taciturno ed allegro, una contraddizione in termini, ma lo ricordo così. Usava curare influenze e raffreddori con cassette di arance seguendo con orgoglio austro-ungarico appunto, una posologia non proprio omeopatica della nonna materna.
L’esordio in prima squadra veniva suggellato dal rito della matricola. Cioè un taglio di capelli, criminale nella maggior parte dei casi, eseguito dai compagni più anziani. A lavoro finito si doveva sfoggiare l’acconciatura ancora per qualche tempo, con quel misto di imbarazzo ed orgoglio che accompagna questi riti, sani, di iniziazione.
Ho avuto la fortuna di vivere più di una Rari, da Giovanni Selis che mi sottrasse alle file dell’Amatori Nuoto, fino a Manuel Estiarte, collezionista di presenze olimpiche, passando per le squadre giovanili insieme, almeno in parte, ai compagni della Rari della promozione in serie A e dei primi tricolori del ’91 – ’92. Non c’è spazio per nominarli tutti, ma non riesco a non citare la temuta, non è chiaro da chi, se da noi o dagli avversari, “sdraio – colomba” di Pierluigi Bortoletto. Sto cercando un motivo per cui mi è venuta in mente questa cosa, uno qualunque.
Capo spedizione, quasi esclusivamente, Claudio Mistrangelo, a volte sanguigno. Ricordo, ora con un sorriso allora un po’ meno, una sfuriata per una espulsione che subii allo scadere dell’incontro che ci costò il pareggio “casalingo” a Genova Voltri, contro il Posillipo, tanto per gradire. In effetti l’avevo combinata grossa. Arte che entrava.
Forse destino ha voluto che più avanti in carriera i miei gol, non molti a dire il vero, solitamente fossero proprio a fil di secondi. Quel gran ….portiere di Gianni Averaimo li marchiò con un termine di rara sintesi ed efficacia. Palle alte, arpionate in punta di dita e deviate in gol con l’aiuto di coordinazione, di senso della porta e della Provvidenza.
Non necessariamente in quest’ordine.
Quindi dicevo azione in velocità, palla alta per conclusione e…”piiif”. Mai termine fu più onomatopeico (per chi come me lo verifica sul dizionario:”fenomeno che si produce quando i suoni di una parola descrivono o suggeriscono acusticamente l’azione che significano”), per immortalare la sfera che passa la linea di porta con l’impeto che è a metà strada tra il pallonetto e la moviola.
In casa Rari si sfornano ancora pallanuoto e giocatori, in un ambiente che, per quanto mi riguarda almeno, mi ha restituito, con soddisfazioni, crescita personale, amicizie vicine e lontane, i sacrifici fatti, anzi di più.
Flavio Borsarelli
(Nella foto in alto Flavio Borsarelli, in calottina bianca, contro Franco Porzio. Savona – Posillipo ’90 a Genova Albaro).