Oggi a raccontarci il suo personale ricordo in biancorosso è Fabrizio Falco, uno dei cosiddetti “ragazzini terribili” della Rari.
Venerdì sera, giorno prima della semifinale di ritorno di coppa Italia contro l’Arenzano.
Il nostro rigorista titolare ha fallito gli ultimi due penalty in campionato.
Mi scappa una battuta:” Claudio, se domani c’è un rigore, posso sbagliarlo io…?”.
Claudio Mistrangelo non gradisce, siamo in piena riunione tecnica, a un passo dall’ingresso in finale, dopo un’andata che ci ha visto pareggiare una splendida partita contro una squadra fortissima e che annovera tra le sue fila, tra gli altri, nomi come Averaimo, Ferretti, Budavari e Farago.
Mi fulmina con un’occhiata, il nostro rigorista titolare ha bisogno di sicurezza e non di battute sciocche come la mia. Ma sdrammatizzare è sempre stato nel mio carattere.
Sabato, giorno della partita: a un minuto dalla fine, sul 6-6 di un incontro tiratissimo , l’arbitro fischia un rigore a nostro favore.
Segnare significa vincere e andare in finale. Loro hanno un portiere fortissimo sui rigori, Averaimo, che con un atteggiamento spavaldo mette spesso in crisi l’attaccante al tiro.
Bisogna più che mai sdrammatizzare, lancio una rapida occhiata ai miei compagni e vado a tirare.
Segno, vinciamo e andiamo in finale.
Genova, piscina di Albaro, giorno della finale di Coppa Italia contro i napoletani del Posillipo.
Spalti strapieni di pubblico, per la maggior parte savonesi, pronti a festeggiare il primo titolo nazionale per la Rari, che, per il momento, ha solo sfiorato lo scudetto.
Partita brutta, tesa e giocata male da noi.
Inizia il quarto tempo, 9-6 per il Posillipo. Non ci stiamo a perdere e con un colpo di coda rimontiamo 9-8 .
Manca una manciata di secondi alla fine, il Posillipo ha il possesso palla e per noi sembra finita. Andiamo in pressing serrato, cercando di recuperare palla a tutti i costi e facendo fallo praticamente ogni secondo, per fermare il cronometro che inesorabilmente avanza verso quella che sembra, ormai, un’inevitabile sconfitta.
A un secondo dalla fine Chicco Sciacero commette l’ennesimo fallo, mentre i napoletani scandiscono il conto alla rovescia -3,-2,-1……pronti al tuffo della vittoria.
Col cronometro fermo a -1 , dalla panchina del Posillipo si butta in acqua, per festeggiare in anticipo, il più giovane dei fratelli Postiglione.
Interviene l’arbitro che, con decisione sacrosanta e tecnicamente ineccepibile, assegna il rigore a nostro favore per l’ ingresso in campo anticipato del giocatore posillipino .
9-8 per il Posillipo. Un secondo alla fine. Un rigore in nostro favore e per noi la possibilità di riaprire la partita e andare ai supplementari.
La coppa Italia è ancora lì.
Scoppia una rissa accompagnata dalla solita sceneggiata napoletana e ne paga care le conseguenze il nostro miglior giocatore, l ‘ungherese Somossy , che viene colpito da un pugno di Pino Porzio e deve lasciare la vasca semi svenuto e con un occhio pesto.
Anche se dovessimo segnare il rigore e andare ai supplementari, saremmo comunque privi della nostra punta di diamante.
In mezzo a una bolgia incandescente, l’arbitro fa uscire dalla vasca tutti i giocatori, lasciando in acqua solo il portiere e il designato a tirare il rigore: il portiere del Posillipo Milorad Krivocapic e….chi tira il rigore tra noi ?!
Bisogna sdrammatizzare.
Basta un’ occhiata intorno ai compagni e prendo il pallone.
Mentre nuoto lentamente e solo verso la linea dei 4 metri in quella vasca incredibilmente deserta, mi raggiunge un compagno : “mi raccomando Fabrizio, occhio che Krivocapic esce sempre basso sui rigori….tira alto.”
Milorad Krivocapic, neo campione olimpionico a Los Angeles con la Jugoslavia, autentico punto di forza dei napoletani e della sua nazionale, portiere che esce sempre basso sui rigori…e li para !!!!!
Arrivo sulla linea di tiro, con un pallone che pesa come un’incudine e un braccino che si fa sempre più corto. Così dovrebbe essere.
E invece no, la palla è leggera come una piuma e il braccio, che ha già due volte bucato Krivocapic nel corso della partita con due mezze finte da spettacolo, è caldo come un ferro da stiro.
Lui temporeggia, non va in porta e continua a protestare contro l’arbitro, cercando di innervosirmi e urlandomi contro.
Bisogna sdrammatizzare e in questo io sono proprio bravo.
Lo guardo fisso negli occhi e rido, rido con un sorriso smagliante, un sorriso dei miei, un sorriso scanzonato e beffardo , un sorriso che lo fa incazzare ancora di più..
Alla fine scende un silenzio surreale, in quella piscina zeppa di gente dove non si sente neanche un respiro, con il tempo che sembra sospeso in attesa del fischio dell’arbitro.
Solo due giocatori avversari in vasca: il portiere più forte del mondo che esce basso sui rigori, contro il giocatore che, in quel momento, è il più forte del mondo a tirare ” quel ” rigore.
Perché a tirare quel rigore non sono solo, ci sono almeno tremila persone che vogliono che quel pallone entri.
L’arbitro fischia e io tiro. Quando un portiere esce basso su un rigore ha un solo punto debole: proprio sotto l’ascella rimane uno spiraglio minimo che non riesce a coprire.
E io tiro basso, basso, basso, che più basso non si può e la palla entra pulita, bella e precisa proprio sotto la sua ascella, affondando come una lama calda in un panetto di burro. Gooooollll!!!!!!!
Urlo di gioia e faccio un giro completo su me stesso con le braccia alte, raccogliendo l’abbraccio di una piscina delirante : 9-9.
Andiamo ai supplementari, ma dopo due tempi tiratissimi, perdiamo 12-11.
L’ennesimo trofeo ci è sfuggito tra le mani come una saponetta e rimarrà nel mio palmarès insieme ad altri traguardi, purtroppo, solo sfiorati .
Quel rigore segnato, però, in quella vasca deserta, contro il portiere più forte del mondo, rimarrà per sempre nella bacheca dei miei ricordi come una preziosa e brillante medaglia.
Lasciamo la piscina di Albaro tristi e stavolta non riesco a sdrammatizzare.
Tornando a casa, in un angolo del nostro pulmino, mi viene un nodo in gola e mi assale lo sconforto per una sconfitta che fa male come una ferita che brucia.
E’ un momento che dura poco però, perché c’ e’ la consapevolezza di aver scritto quel giorno, insieme ai miei compagni, una delle pagine più emozionanti di quello che sarà ricordato per sempre, e me lo conferma ancora oggi il mio allenatore Claudio Mistrangelo, come un periodo unico, straordinario e irripetibile nella vita di tutti noi. E allora rido, rido, rido. E rido ancora adesso, mentre scrivo, alla faccia di Krivocapic , il portiere iugoslavo più forte del mondo e campione olimpionico….. che usciva sempre basso sui rigori.
Fabrizio Falco
(Nella foto in alto la formazione che militò in Serie B nel 1976. Fabrizio Falco è il secondo in basso da sinistra).