Continua la cavalcata nei ricordi biancorossi. Oggi è la volta di Roberto “Bobo” Bragantini, pallanuotista dalla simpatia travolgente prima ed allenatore del settore giovanile amatissimo poi.
Quando l’amico Chicco Sciacero mi ha chiesto di scrivere “cosa ha rappresentato per me la pallanuoto”, in occasione del trentennio, mi ha fatto piacere perchè mi sono sentito, dopo molto tempo, ancora parte di questa società che tanto ha rappresentato nella mia vita di atleta e non solo.
Sono stati ” i migliori anni della mia vita”.
Ho iniziato a 13 anni e questo sport ai tempi si praticava nella piscina di Albissola Marina e, spesso, i campionati ci portavano a giocare in mare. L’acqua della piscina a inizio stagione era freddissima perchè veniva prelevata dal mare, quindi intorno ai 15-16 gradi e, durante l’estate, a quei tempi veniva trattata con cloro e verde rame per evitare la formazione delle alghe a così spesso la barba e la radice dei capelli diventavano verdi. Ricordo quei tempi eroici con gioia, anche perchè ero molto giovane, si giocava con i palloni di cuoio che a fine stagione avevano il galleggiamento del “Titanic” e pesavano 2 kg. Il primo accappatoio della Società (che si chiamava Amatori Nuoto Savona) me lo passò usatissimo l’amico Carlo Salino. L’accappatoio era talmente liso e scolorito che dopo poche settimane si lacerò in due sulla schiena e così lo tenni con orgoglio fino al termine della stagione. Eravamo i ragazzi del Dr. Selis, grande e mitico vecchio della pallanuoto savonese da cui tutto partì. Non a caso il sodalizio con Claudio Mistrangelo fu proprio voluto da Giovanni Selis e , visti i risultati, fu il passo più importante nella storia della Rari.
Sono il primo di 3 fratelli tutti pallanuotisti, Otello e Marco, anche loro giocatori di buon livello che tanto hanno dato a questo sport. Mio Padre mia Madre e mia Sorella Susanna hanno volentieri “subito” per anni il peso di questi tre animali che arrivavano a casa con occhi neri, graffi su tutto il corpo, labbra tagliate e una fame atavica. Ricordo che a letto, dormivamo tutti e tre in una stanza, eravamo sempre intenti a palleggiare con la prima palla Mikasa invece di studiare….
Poi la costruzione della piscina Eroe dei Due Mondi…un miracolo! Bellissima, ” calda “, era tutta nuova quando per primo mi buttai in acqua, non mi sembrava vero. Da quel momento iniziò la rapida crescita della Società: passammo dalla promozione alla serie C e dalla C alla B : in questi due campionati ho militato per la maggior parte della mia carriera. Poi ci fu il passaggio alla A, cui io non partecipai in quanto atleta della R.N. Albisola (in quell’anno anche con questa squadra vincemmo il campionato di promozione e passammo in serie C). Poi il richiamo sulla panchina del Savona in serie A da Claudio Mistrangelo, un’opportunità, un premio di tutta una carriera.
Claudio per me è stato sempre un amico, prima un compagno di squadra, poi il mio allenatore, ancora il capo tecnico quando allenavo il settore giovanile, ma sopratutto quando mi “consegnò” il figlio Federico perchè lo facessi diventare un giocatore di pallanuoto insieme ad un gruppo di ragazzi che andavano dal 1981 al 1984 alcuni dei quali avrebbero fatto parlare molto di sè in questo ambiente. Un periodo importantissimo per me che ricordo volentieri. Seguo da sempre, in silenzio e in disparte come è mia abitudine, le sorti di questi ragazzi che rammento per nome, anno di nascita e caratteristiche tecniche e conservo ancora tutti i registri con le presenze, i tempi e gli schemi di allenamento.
Anche i miei ricordi da agonista sono tantissimi e tutti sono legati ai miei compagni. Sono legami fraterni che non si romperanno mai perchè, sapete, condividere con un gruppo i sacrifici di uno sport durissimo, le avversità della partita, le tante rinunce, le gioie della vittoria e le frustrazioni della sconfitta, ti unisce in modo indissolubile. Porterò per sempre nel cuore il ricordo di tutti i miei compagni di squadra, con pochi dei quali ho ancora la fortuna di vedermi.
Tanto per alleggerire, altrimenti divento triste, alcuni vecchi aneddoti : Giovanni Selis , con la solita irruenza , entra nelle docce sbagliate e grida ” lavatevi le palle ! ” ma inavvertitamente lo dice ad un gruppo di attonite bambinette del sincro che avevano da poco finito l’allenamento…oppure : durante un allenamento, giocavamo in C, Luigi Cola, grande allenatore e centroboa di quei tempi, accentrava sempre su di sè il gioco anche perchè spesso realizzava. Mi trovo in posizione 3 con la palla in mano, lui mi guarda con l’uomo addosso e la faccia da tricheco inferocito chiedendomi la palla…io invece vedo il buco in porta , carico il tiro a stecca (credetemi ai tempi il mio tiro era forte) lo guardo negli occhi, ma preso dalla voglia di segnare sparo un missile in porta, solamente che mi scappa la palla dalla mano e lo prendo in pieno sul naso!! In quel momento vedo quei bastardi dei miei compagni buttare la faccia sott’acqua per non farsi veder ridere e, alla fine, rido anche io. Luigi ride un po’ meno, ma anche in quella occasione è stato un grande.
Con Fulvio Falco siamo stati il ” ponte ” fra due generazioni di pallanuotisti. Abbiamo visto crescere il più bel gruppo di giocatori, tutti di Savona, che tutta l’Italia ci ha invidiato. Intendo i ragazzi che andavano dal 1960 al 1963. Un gruppo inizialmente allenato dalla coppia Mistrangelo/Buscaglia, poi cresciuto con il solo Mistrangelo che ha fatto diventare campioni questi grandi atleti. Un gruppo che ha vinto tutto. Un gruppo irripetibile? Sarebbe fondamentale per questa società ricreare le condizioni che hanno portato la formazione di questo ” supergruppo ” perchè credo che si possa diventare fortissimi anche se il proprio cognome non finisce in “…..vic” (anche se devo riconoscere che nella semifinale degli europei , Serbia Vs Montenegro , ho visto una pallanuoto astrale).
Questo gruppo ha potuto crescere anche grazie ai grandi dirigenti/amici di quei tempi, alcuni dei quali purtroppo non sono più tra noi. Da ex allenatore consentitemi un messaggio ai ragazzi che iniziano questo sport: giocate solo perchè vi divertite, giocate perchè andare in vasca è la cosa più importante della vostra vita, non giocate per ostentare la divisa della Rari, ma allenatevi sempre al top come se ogni volta fosse la finale di coppa campioni e, forse, un giorno diventerete giocatori di pallanuoto.
Per concludere avrete capito che per me la pallanuoto ha rappresentato la ragione della mia vita per molti anni ed ancora oggi rimane l’esperienza più importante che ho fatto.
Qui concludo questo monologo tra il serio ed il ” criceto ” facendo TANTI AUGURI ALLA RARINANTES e confidando di poter scrivere un analogo articolo in occasione del sessantesimo!
” BOBO”.
Roberto Bragantini
Nato a Savona il 04/02/1956
Giocatore dai 13 ai 31 anni
Allenatore del settore giovanile per 3 anni, negli anni ’70, e per 4 anni tra il 1988 e 1992.
(Nella foto in alto Bragantini nel 1989 con un gruppo di giovani atleti).
La Rari fine anni ’70 primi anni ’80 rappresenta uno straordinario, irragiungibile mix di professionalità e di famiglia, di serietà e di divertimento. Un mix forse irripetibile, ma che dimostra che la chiarezza e la condivisione di obiettivi e di gerarchie consentono un’elasticità di rapporti sorprendente perché quell’elasticità non mette mai in discussione gli obiettivi e le gerarchie. Su dove volevamo andare (scalare la montagna della pallanuoto italiana), su come lo dovevamo fare (allenamenti durissimi, concentrazione feroce) su chi avrebbe guidato la società e chi il processo tecnico, sui mezzi che avevamo a disposizione (un gruppo di giovani, una piscina non regolamentare): su tutto questo non ci fu mai non dico una discussione, ma nemmeno un distinguo. Quando ho trovato difficoltà nella mia carriera, l’ho trovate perché l’elementare catena gerarchica e la conseguente chiarezza di divisione dei compiti si erano spezzate: un dirigente voleva fare il tecnico, un altro trattava di nascosto con i giocatori, un giocatore voleva fare il dirigente …
L’equilibrio realizzato in quegli anni fu, invece, perfetto. E, allora, accanto al serio, serioso, persino rigido Fulvio Falco ci stava Bubu Buscaglia, corrosivo battutista, scettico per troppa sensibilità, anti retorico per eccellenza.
E ci stava anche Roberto Bragantini, detto “Bobo” , serio quanto gli altri, bravo quanto gli altri, bravissimo nei blocchi (che allora usavano ed ora non usano più), e quanto gli altri realizzato nella carriera lavorativa post-pallanuotistica, ma barzellettiere infaticabile affabulatore dalla battuta centrata anche se qualche volta border line e, soprattutto, immaginifico inventore di realtà difficilmente dimostrabili: l’astore, uccello dal volo radente a 360 km/ora, occupò un intero viaggio in pulmino da Trieste a Savona.
Fratello maggiore di Otello e Marco, rappresenta con i Falco l’emblema del peso dei fratelli in Rari e l’esempio insuperabile di come la famiglia, pur amata e presente, possa essere separata dal nepotismo.
A conferma di quel clima, di quel magico equilibrio e del modo di vivere la fratellanza, più che le parole un ricordo.
Serata di un sabato primaverile di fine anni ’70. Si torna da una vittoria sul campo della Mestrina e si torna ovviamente in pulmino. Cena in uno dei magici ristoranti scovati da Bruno Pisano. Due o tre esordienti in prima squadra devono affrontare la “matricola”, cioè un processo da parte dei vecchi (che hanno qualche anno più di loro) per accuse assolutamente campate in aria, con un difensore (un vecchio) totalmente schierato dalla parte dell’accusa, un PM durissimo (solitamente Fulvio Falco), un boia rigorosamente incappucciato perché il rigido regolamento processuale impone che non si debba sapere chi è (e capirai !) una condanna certa ad un improbabilissimo taglio di capelli (qui la ferocia raggiunge vette sublimi) che deve essere tenuto fino al primo allenamento della settimana successiva (sempre di lunedì’, per fortuna della vittima).
A San Donà o giù di lì, uno degli accusati è Marco, fratello minore di Bobo, condannato al taglio “remember Venice” – data la vicinanza della Serenissisma – pieno di calli, campielli e canali, rigorosamente ispirato ad una mappa della città. Piangente, sotto le forbici del fratello boia, prova a ripararsi dietro un “Lo dico alla mamma!” cui Bobo uscendo dal finto anonimato del boia replica “Bravo ! Così li taglio pure a lei!”.
Il taglio di capelli viene eseguito fino in fondo, la condanna espletata, Marco si asciuga le lacrime, Bobo sale in pulmino ed inizia la storia di un lupo siberiano che corre … e uccide …, io ricordo che l’allenamento sarà lunedì all’una (come se mai fosse stato differente) Pierluigi Bortoletto mi fa il verso chiedendomi “ma non era martedì ?”, il pulmino riparte. E la Rari va.
Claudio Mistrangelo