Continua il nostro viaggio nei ricordi biancorossi. Oggi a raccontarci la sua Rari è Andrea Pelizzoli detto “Il Pelizza” centroboa di qualità e giovane uomo di grande umanità.
Mi è stato chiesto di scrivere un pensiero sulla “mia Rari” proprio nell’anno in cui ho deciso di dire addio alla pallanuoto per occuparmi esclusivamente di ingranaggi e quindi approfitto di queste poche parole anche per salutare questo sport che mi ha dato tanto e specialmente salutare la rari che in materia mi ha insegnato quasi tutto.
Piccola premessa.. dovuta per contestualizzare l’inizio della mia esperienza; torno con piacere all’ormai lontano 1997, quando durante un normale giorno d’estate ricevo un’inaspettata telefonata nella quale mi si chiede di fare un giro a Savona perché la RARI NANTES è interessata a dare un occhio a me, “giovane ruspante” bergamasco. Difficile descrivere la sensazione che ho provato in quel momento, forse un paragone calcistico, più comprensibile nella cultura comune, è quello che meglio lo spiega.. provate ad immaginare che sensazioni proverebbe un ventenne che gioca nel Savona calcio che viene chiamato dalla Juventus.. ecco io mi sentivo più o meno così!
Inutile dire che non ci ho pensato un secondo… sono partito ed ho accettato senza condizioni e poi ho sistemato il resto della mia vita, trasferendo i miei studi di Ingegneria nella ridente cittadina ligure.
Tutto ad un tratto mi sono ritrovato nello stesso spogliatoio con atleti che sin dall’età di 9 anni e fino a quel momento avevo solo visto ed ammirato in televisione come Paolo Petronelli, Mirko Vicevic, Viktor Jelenic, Angelo Temellini, Fabio Fresia… e sul bordo vasca Claudio Mistrangelo; ero disposto a tutto per dimostrare di essermi meritato la chiamata accorgendomi di dover colmare un gap enorme.
E’ così che è iniziata la mia avventura nella grande famiglia della Rari; famiglia sì, perché ci ho messo qualche tempo ma poi ho capito che era una grande famiglia, quella che mi ha “adottato” per cinque bellissimi anni, formata da Claudio, Laura, l’Ing.Gervasio e tutti coloro che ruotano attorno alla società. Sono per me gli anni che vanno dai 20 ai 26, quelli che per definizione rappresentano divertimento e spensieratezza. Per me, grazie alla Rari, sono stati anche qualcosa di più… e certo non si può dire che Savona sia la Saint Tropez della riviera di ponente, eppure per me resterà sempre un ricordo bellissimo.
Oggi a malincuore so che per me la pallanuoto rappresenta il passato, per lavoro sono sempre in giro per il mondo, ma mi rendo conto che quegli anni mi accompagnano ovunque. Le sfide che ho dovuto superare nel mondo della pallanuoto mi permettono oggi di affrontare meglio le ben più difficili sfide della vita e la Rari, oltre che a propormi sfide, mi ha fornito anche i mezzi per superarle.
Quella era “la Rari del basso profilo”, della grande umiltà, del grande lavoro, fatta di pochi giocatori di esperienza e tanti giovanotti di belle speranze. I carichi di lavoro mi riducevano quasi sempre ad uno straccio, i miei pomeriggi sui libri finivano spesso con la fronte appoggiata sulla pagina “preferita” aperta ( infatti, non a caso, i miei anni presso la facoltà di Ingegneria sono stati ben otto!).
Ci si allenava nella bellissima piscina scoperta di Corso Colombo, in inverno si calpestava la neve sul bordo vasca e quando si entrava in acqua e si nuotava controvento pareva di sentire i lupi ululare dalla gradinata di ferro e per fare 50 metri ci si mettevano 25 secondi all’andata e 35 al ritorno,in estate invece si finiva l’allenamento e si restava a prendere il sole. Inverno o estate che fosse fuori c’era sempre Claudio Mistrangelo, una persona alla quale devo molto, e sicuramente non solo perché mi ha insegnato cosa è la pallanuoto; chi mi conosce sa che a causa del mio carattere “montagnino” fatico a fare complimenti o dichiarazioni roboanti ma questa per me è un’occasione imperdibile per dirgli grazie.
Questa squadra mi ha lasciato anche delle belle amicizie che, nonostante le vite molto diverse, restano intatte, perché quei tempi non si scordano e le persone che ne hanno fatto parte e che hanno condiviso “quel qualcosa” avranno sempre un posto speciale.
Oggi la Rari purtroppo la seguo poco e da lontano, ma sono sicuro che le forti radici di questa famiglia non si sradicheranno facilmente e so che quello della Rari , anche se forse non ben compreso dai “luminari” di questo sport, sarà sicuramente a lungo un modello, pallanuotistico e non, poco imitato e incompreso.
Non mi dilungo ulteriormente ma concludo con un ulteriore grazie alla Rari Nantes Savona che, nel corso dei miei ultimi anni di pallanuoto in quel di Bergamo, mi ha permesso di conoscere e apprezzare due “prodotti” del proprio vivaio, due persone indimenticabili.. Francesco e Nicolò.
Un sincero abbraccio,
Andrea Pelizzoli
(Nella foto in alto Andrea Pelizzoli)
Andrea Pelizzoli, classe 1976, da Bergamo. Subito, più epicamente, Pelizza da Bergamo.
Arrivò in una Rari giovane giovane, guidata da alcuni capitani di lungo corso. Giocava nella Libertas Bergamo in A 2 e me ne aveva parlato spesso e bene Gianni Averaimo. Così si decise di provarlo. Rimase con noi diversi anni, lunghi e difficili, di costruzione e ricostruzione che, però, culminarono con un ritorno nelle prime 4 posizioni dopo anni di quinti, sesti e persino settimi posti.
Serio, duro con se stesso, uomo di vasca e di spogliatoio, feroce determinazione e basso profilo, si migliorò sempre fino a diventare un signor centroboa di A 1.
Ora che i capelli cominciano a ingrigire, ha deciso di fare l’ingegnere a tempo pieno. Con la stessa inesorabile intelligenza con cui faceva il pallanuotista.
Le sue parole “le sfide che ho dovuto superare nel mondo della pallanuoto mi permettono oggi di affrontare meglio le ben più difficili sfide della vita e la Rari mi ha fornito anche i mezzi per superarle” rappresentano il complimento più importante per chi, dietro la dichiarazione di essere solo un modesto travet di bordo vasca, nasconde l’orgogliosa consapevolezza di avere insegnato qualcosa di più importante della pallanuoto.
Come il rispetto del lavoro duro e umile, come il basso profilo di fronte alle vittorie, come il non piangersi addosso di fronte agli insuccessi dello sport e della vita. Come, invece, il piangere tutte le lacrime del mondo se due giovani e splendidi ragazzi se ne vanno per sempre, una mattina nerissima, sull’autostrada che da Brescia porta a Bergamo.
Claudio Mistrangelo