Continuando il percorso tra i ricordi biancorossi oggi è la volta di Silvia Fancello segretaria nel periodo in cui la Rari giocò a Luceto.
C’era una volta, in una piccola località chiamata “Luceto”, uno stagno.
Anzi, prima ancora c’era solo terreno incolto e trascurato.
In una città vicina a Luceto viveva una bellissima principessa che da anni abitava in una casa molto graziosa, vicina al mare, ma –ahilei- senza tetto. Alla principessa la sua casa senza tetto piaceva tanto, in realtà, ma gli amici che andavano a giocare con lei si lamentavano sempre: quando piove ci infradiciamo, quando c’è vento ci raffreddiamo, quando c’è il sole non vediamo la palla. Così la principessa era costretta a scrutare il cielo con ansia ogni volta che aspettava gli amici e non di rado doveva trasferire il gioco di fretta e furia a casa di qualcun altro.
Un bel giorno, dopo una festa particolarmente allegra ed emozionante svolta sotto un diluvio indimenticabile, la principessa apprese con gioia che finalmente sarebbe stato costruito il tetto per la sua casa, così si guardò intorno per trovare una dimora in cui trasferirsi nell’attesa. I suoi occhi si posarono sul terreno incolto e lo scelse: in un lampo nel terreno si aprì uno stagno e ben presto lo stagno divenne una casa. Certo, gli amici che andavano a giocare con lei continuavano a lamentarsi perché anche a Luceto non c’era il tetto sulla casa, ma la principessa stringeva i denti, grazie all’aiuto di impavidi cavalieri che sfidavano il freddo e le intemperie per lei. Questi cavalieri erano tra i più valorosi e belli che la principessa avesse incontrato nel suo cammino, e qualcuno era andata a prenderselo in terre lontane: così nella sua nuova casa presero dimora molti aitanti giovani che diedero vita a epiche battaglie (di gioco) e anche a diverse stragi (di cuori).
Purtroppo i problemi non mancavano: la casa era molto piccola e scomoda e i cavalieri dovevano stare piuttosto ammassati, d’inverno il freddo era davvero pungente, in alcuni momenti della giornata la luce era accecante, dai campi vicini provenivano forme di vita animale fino a quel momento sconosciute, ma i cavalieri giocavano con ardore per la loro principessa e pazienza se dovevano continuare a scrutare il cielo e a far fagotto di fretta e furia quando il tempo diventava troppo brutto e gli amici troppo scontenti.
Passarono così alcuni anni nella piccola scomoda casa di Luceto, oramai diventata una delle capitali dell’agone (sportivo): i cavalieri si avvicendarono, la principessa alternò momenti di felicità ad altri di grave difficoltà ma la sua bellezza rimase leggendaria, sebbene venata dalle preoccupazioni .
Poi, un giorno, la casa in città vide finito il suo tetto e la principessa vi fece ritorno con i suoi cavalieri. Certo, era felice, né i suoi cavalieri né gli amici avrebbero più dovuto temere il freddo e la pioggia, e anche lei finalmente avrebbe avuto una casa grande, comoda e soprattutto ben coperta.
La piccola casa di Luceto fu abbandonata e pian piano, senza la principessa e i suoi cavalieri, tornò a essere uno stagno desolato. Solo esteriormente, però: quell’umile dimora senza tetto né finestre, fredda d’inverno e accecante d’estate, rimase per sempre nel cuore di chi l’aveva abitata anche solo per un breve periodo e il suo ricordo volò in tutto il mondo –persino in America, in Australia, nell’Europa dell’Est- stringendo la principessa e i suoi cavalieri in un patto d’acciaio: parola d’ordine per riconoscersi e ricordarsi, Luceto.
Per non far torto a nessuno omettendo qualche nome non citerò nessuno dei cavalieri che hanno scritto la storia della Rari a Luceto dal 2006 al 2010.
Ricorderò solo alcuni dei tanti momenti emozionanti vissuti in quella piccola piscina: una semifinale europea vinta ai rigori nella partita della vita, con il sigillo di uno dei più veri figli della Rari; il pianto incontrollabile di un atleta d’oltreoceano alla sua ultima gara con i colori biancorossi; i brindisi con cui i giocatori festeggiavano nell’angusto spogliatoio compleanni, matrimoni, bimbi in arrivo; l’allegro schiamazzo dei ragazzi più giovani quando si tuffavano in acqua mentre a bordo vasca fischiava il vento gelido e magari si accumulava la neve; e, per quanto mi riguarda, i caffè e le sigarette consumati chiacchierando con il mister ogni mattina.
Soprattutto ricorderò due giovani che in quella piccola piscina ho visto crescere come atleti e come uomini, e non c’è bisogno di aggiungere altro.
Silvia Fancello
(Nella foto in alto la formazione della Rari 2008)